La gabbia delle scimmie

La gabbia delle scimmie

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Autore: Victor Gischler

UNO HUMOUR NERO. NERISSIMO.
DA UN MAESTRO DELL’HARD-BOILED,
UN THRILLER CHE VI FARÀ LETTERALMENTE
PERDERE LA TESTA. NOMINATO ALL’EDGAR AWARD
COME MIGLIOR ESORDIO DELL’ANNO

Un cadavere senza testa nel bagagliaio della sua Chrysler. Un killer psicopatico e maniaco degli esplosivi come collega. Un "lavoretto" facile e pulito che deflagra in un’escalation di violenza. Per Charlie Swift, gangster di Orlando, Florida, questa è ordinaria amministrazione. Le cose si complicano quando il suo capo Stan, boss incontrastato della mala locale, si ritrova con le spalle al muro: Beggar Johnson, che da Miami controlla la criminalità organizzata di quasi tutto lo Stato, ha deciso di impossessarsi anche del suo territorio.
La banda di Stan viene massacrata e Charlie si ritrova unico superstite della mattanza, ma con i registri contabili dell’impero criminale di Johnson fra le mani, diventando così l’obiettivo di una sfrenata caccia all’uomo scatenata dall’FBI e dalla gang di Miami.
Forte di un congegno narrativo a orologeria, La gabbia delle scimmie incastra ultraviolenza e humour nero, ritmo cinematografico e scene da grandguignol, intreccio narrativo e azione mozzafiato. In questo durissimo romanzo d’esordio che gli è valso la nomination all’Edgar Award, Gischler tiene il lettore incollato a una storia che è come una corsa impazzita su un’autostrada americana.


"Victor Gischler non si accontenta di spingere al massimo la scrittura,
la porta a danzare sull’orlo dell’abisso.
Leggerlo è un divertimento selvaggio."
- Joe R. Lansdale -



Autore

Victor Gischler vive a Baton Rouge, in Louisiana. È autore di sette romanzi tradotti in dodici lingue, è stato a lungo professore di Scrittura creativa presso la Rogers State University, in Oklahoma, ed è sceneggiatore Marvel per fumetti come The Punisher, Wolverine, Deadpool e la nuova serie degli X–Men che ha venduto solo nella prima settimana più di 100.000 copie. Il suo romanzo La gabbia delle scimmie, che è stato nominato come miglior esordio agli Edgar Award, sta per diventare un film a Hollywood.



Recensioni


Blow Up
01 Settembre 2008

Tradotto sette anni dopo la sua pubblicazione iniziale, che gli era valsa una nomination all’Edgar Award come miglior esordio del 2001, La gabbia delle scimmie è uno di quei noir diretti ed essenziali, aspro come un bourbon bevuto tutto d’un colpo, che suscita emozioni brutali come una canzone dei Ramones.
È la storia di Charlie Swift, gangster della Florida, che di mestiere uccide la gente e che sa cosa vuol dire far bene il proprio lavoro. Avrete intuito che di morti amazzati nel libro ce ne sono parecchi, specialmente quando Swift si ritrova più o meno l’unico sopravvissuto di uno scontro tra bande rivali e non può fare a meno di risalire alle cause primarie del suo problema.
Ritmo incalzante e colpi di scena non mancano, e Gischler sa trascinare alla perfezione il lettore nel crescendo inarrestabile della furia del suo personaggio. Quello che difetta al libro è forse una costruzione che vada oltre la semplice linearità, causale e cronologica, della vicenda; per questo il paragone con le sceneggiature temporalmente asimmetriche di Tarantino, del quale eredita giusto un certo gusto per il pulp, ci pare fuori luogo; e a dire il vero Gischler non mostra, in questo esordio, la stessa maturità che fu di Palahniuk o di David Peace.
 Ottimo è invece il tratteggio dei personaggi, e Charlie Swift, con il suo credo nella fedeltà al padrone così teneramente fuori moda, sarebbe degno di figurare in un romanzo di Horace McCoy. Un libro che lascia comunque molte aspettative per il futuro letterario di Gischler; speriamo che la Meridiano zero non ci lasci senza seguito. Bizarre D, Repubblica delle Donne 3.5.08 Si direbbe un riuscito incrocio tra la saga dei Sopranos e e il meglio del cinema di Quentin Tarantino, il poliziesco irresistibilmente comico e mozzafiato con cui l’americano Victor Gischler, già autore in patria di quattro romanzi, fa il suo esordio in Italia. Gun Monkeys (La gabbia delle scimmie nella bella traduzione italiana), a parafrasare i gun men, uomini armati delle loro brave pistole, ma maldestri come scimmie. Criminali da strapazzo che si aggirano sulle superstrade della Florida con cadaveri dalla testa mozzata nel portabagagli, e tra un omicidio e l’altro passano il tempo giocando infinite improbabili partite a Monopoli.
"I personaggi del libro se la cavano a meraviglia con le armi da fuoco e i cazzotti, ma sono rozzi e sgraziati," spiega Gischler. "Scimmie armate (Gun monkeys) mi è sembrato che rendesse l’idea."
Avrà sicuramente pensato di farne un film.
"Sì, e al momento c’è una bella sceneggiatura del romanzo scritta da Lee Goldberg che circola per Hollywood…"
Ha pensato anche a un regista?
"Robert Rodriguez o Tarantino. Adoro il buon cinema pulp. Ma alla fine mi basterebbe che venisse fuori un buon film."
Colonna sonora?
"Direi un mix eclettico-delirante: Warren Zevon, Johnny Cash, Jethro Tull… e un po’ di Frank Sinatra, per cambiare il ritmo."
È la musica che ascoltava scrivendo il romanzo?
"Sì, ma ascoltavo anche Rod Stewart, Ben Folds, Neil Diamond e gli Abba… Lo so, non è molto hard-boiled ascoltare gli Abba, ma a me piacciono. So che è difficile crederci, ma per lo più io scrivo guardando il golf in tivù. È uno sport che puoi seguire distrattamente, un’occhiata di tanto in tanto, e se sei fortunato becchi anche un bel tiro di Tiger Woods."
Nella nota biografica dice che dorme sette minuti a notte… sul serio?
"È un po’ esagerato, ma è vero che bevo litri di caffè nero e resto sveglio fino a tardi… Ultimamente sono sempre stanchissimo. Forse avrei bisogno di dormire un po’ di più."
Tiziana Lo Porto



laltrapagina.it

02 Dicembre 2010

Torniamo a parlare di Victor Gischler, pubblicando la seconda parte dell’intervista concessa a noi in esclusiva, alla scoperta dello scrittore attraverso le sue opere. Docente universitario e scrittore.
Ora sei anche sceneggiatore di fumetti: come ti è capitata questa occasione?
Il mio agente rappresenta altri sceneggiatori di fumetti, alcuni molto noti (come Greg Rucka), così gli ho chiesto di mettermi in contatto con le persone giuste. C’è voluto un po’ per partire ma alla fine le cose sono andate per il meglio e ho cominciato a scrivere sceneggiature per la Marvel. Al punto che è diventato davvero molto divertente.
Hai trovato difficoltà nel passare dall’attività di scrittore a quella di sceneggiatore? Quali sono i principali problemi che hai riscontrato?
Nessun tipo di difficoltà. Amo le storie, qualsiasi sia la forma in cui vengono raccontate. È importante conoscere le nuove regole, i nuovi tempi e ritmi, ma quel che conta davvero è l’abilità nel saper raccontare una buona storia.
Ti piace scrivere fumetti?
Sì. Tra gli altri hai lavorato su Punisher, un personaggio che sembra perfetto per far parte dei tuoi romanzi e delle tue storie.
Ti è piaciuto scrivere di lui? Come ti sei trovato?
Sì, mi è piaciuto molto e se la Marvel mi avesse chiesto di scrivere altre storie per il Punisher lo avrei fatto senza battere ciglio. C’è una meravigliosa semplicità nel Punisher. Il Punisher individua un ragazzo cattivo. Il Punisher uccide un ragazzo cattivo. Al momento sono molto impegnato con gli X-Men, ma in futuro magari avrò altre opportunità per scrivere nuove storie per il Punisher.
Sempre nel campo del fumetto: quale è il tuo personaggio preferito? E su quale, se potessi scegliere, vorresti lavorare?
Deadpool è il mio preferito. Lui è troppo divertente e mi fa impazzire quel suo modo assurdo di interagire con la cultura pop. Non so se riuscirò a scrivere altre storie per Deadpool in futuro ma spero proprio di sì. Sono stato molto fortunato perché mi sono divertito con tutti i personaggi della Marvel per cui ho scritto.
Ti piacerebbe vedere i tuoi romanzi trasformati a fumetti oppure credi che sia meglio lasciarli solo al mondo delle parole? Sono aperto alle possibilità. Quale è il tuo prossimo progetto? Ci anticipi qualcosa?
Sto scrivendo la sceneggiatura del mio romanzo Go-Go Girls of the Apocalypse. Ho ancora una marea di lavoro da fare sugli X-Men per la Marvel. Come hai trovato il pubblico italiano? Quando tornerai a trovarlo? Ho una grande voglia di tornare ma non so ancora se e quando. L’Italia mi ha accolto benissimo e mi sono sentito a casa. E sono soddisfattissimo del mio editore italiano Meridiano zero, direi che mi calza a pennello. Un pugno di grandi professionisti che lavora duro per far arrivare le mie storie ai lettori. Sono molto grato ai ragazzi. Sto per pubblicare anche un romanzo di genere diverso (Go-Go Girls of the Apocalypse, di cui parlavo prima) per un altro editore italiano: Newton & Compton, ma non credo che sia ancora pronto per la pubblicazione. Ma sono molto felice che abbiano pensato di prendere i diritti di un paio dei miei libri per pubblicarli in Italia.
Vuoi lanciare un messaggio per i tuoi lettori italiani?
Il messaggio è semplice: grazie infinite. Ho ricevuto grande entusiasmo e energia dai miei lettori italiani, e la mia gratitudine è davvero molto sincera.

Durante il periodo intercorso tra l’aver realizzato l’intervista ed averne pubblicato questa seconda parte, abbiamo avuto conferma che Gischler tornerà in Italia a settembre del prossimo anno; i suoi fans avranno quindi modo di incontrarlo in quelle che speriamo saranno una serie di tappe nelle principali città dello stivale. Dopo aver già parlato de Anche i poeti uccidono passiamo a questo altro romanzo di Gischler.
Doppia versione, tascabile e non, per il volume che Meridiano zero ci propone. Un noir d’azione dove la penna dello scrittore scivola sulle pagine con una magia che distingue la sua narrazione sempre molto fluida e veloce, tanto coinvolgente da lasciarci rimanere incollati al volume fino all’ultima pagina. La gabbia delle scimmie è una storia di malavita, ma anche di lealtà e tradimenti, di onore e di regole non scritte che vanno ben oltre i sentimenti. È voglia di normalità, famiglia, amicizia, rispetto.
Charlie è uno dei più importanti membri della banda di Stan, gruppo che domina Orlando, Florida, terra ghiotta di occasioni per i malavitosi di fuori. Il retro di un bar è la gabbia delle scimmie, il luogo di ritrovo della banda. Dopo un lavoretto riuscito male per colpa di un collega troppo poco controllabile, Stan chiama Charlie per un’emergenza: un capoclan di una città non lontana vuole incontrarli. È l’inizio della fine. Quasi tutto il gruppo della gabbia delle scimmie viene ucciso e Charlie dovrà fuggire sia dall’FBI che da questi nuovi nemici cercando tracce del proprio capo con l’aiuto di poche persone ancora fedeli e con un debito d’onore. A proteggerlo dei registri contabili che riportano tutti i loschi affari del gruppo invasore. Come sempre Gischler ci incanta, ci incolla alle pagine del libro senza darci tempo e modo di tenere un minimo di distacco dettando un ritmo rapido alla lettura che sembra frutto della sua bravura, della sua tecnica ma anche dell’esperienza.
Proprio come per Anche i poeti uccidono anche questo racconto si presta per Hollywood e fa senz’altro piacere scoprire che ci siano concrete possibilità per vedere il progetto cinematografico andare in porto. Se nell’altro suo romanzo le figure femminili erano un contorno, qui quella sensazione di congrega di soli uomini si perde un po’ grazie alla figura di una donna che è parte attiva e diretta del racconto e che con le sue gesta detterà un determinato svolgimento alla trama, influenzando il destino di più personaggi. Gischler, come sempre, si mostra un autore attento e piacevolissimo da leggere, facendo trepidare i lettori per l’uscita delle sue prossime opere. I fumetti di Gischler Poliedrico e dalle inesauribili capacità, l’autore di Baton Rouge ci porta anche nel mondo del noir a fumetti scomodando tra l’altro nomi non da poco. Oltre a diversi episodi degli X-Men sotto la sua penna scendono in campo The Punisher e Deadpool. Nel primo caso possiamo gustarci una storia tra le paludi della Louisiana, che Victor ben conosce, una storia di adrenalina dove Frank Castle dovrà dare la caccia a degli assassini facendo ben attenzione a non diventare lui stesso preda, mentre nel secondo ci ritroviamo catapultati in Deadpool, uno dei più divertenti e dissacranti personaggi del mondo Marvel, che dovrà recuperare la propria testa arrivata dall’universo parallelo di Marvel Zombi, una realtà differente in cui un virus ha trasformato buona parte dei personaggi in veri e propri morti viventi.
a cura di Gianfranco Broun


il manifesto
10 Luglio 2008

L’uscita di scena del killer che giocava a Monopoli

Leggendo La gabbia delle scimmie, noir di Victor Gischler (accasato come James Lee Burke in Louisiana) recentemente pubblicato da Meridiano Zero, il pensiero corre ad un piccolo gioiello del cinema americano: Chi ucciderà Charley Varrick? diretto da Don Siegel e uscito sugli schermi nel 1973. Non per particolari similitudini della storia ma per il ribaltamento del finale che scardina il meccanismo altrimenti consueto del genere. Nel film di Siegel un rapinatore qualunque svaligia una banca di provincia solo per scoprire che si tratta di una delle basi di riciclaggio del denaro della mafia ritrovandosi in questo modo alle calcagna tanto i poliziotti quanto killer prezzolati. È noto il fatto che di un noir non si deve mai svelare il finale, ma nel caso de La gabbia delle scimmie il finale opera un vero e proprio tradimento del meccanismo narrativo che preside il noir.
Nel romanzo di Gischler un placido (se così può essere definito un killer) caposquadra dei tirapiedi di Stan, boss della mala di Orlando, Florida, preferisce stare nel bar che fa da sede alla squadra giocando a Monopoli piuttosto che andare ad eseguire i lavori commissionatigli, per quanto metta in essi tutto il proprio impegno ed una bravura certo non trascurabile.
Il problema è che i boss di Miami vogliono scippare al boss di Orlando il suo giro d’affari ed organizzano un bel cambio della guardia eliminando tutte le sue forze in campo. Unico baluardo contro di loro si erge Charlie Swift, questo il nome del killer protagonista del romanzo. Non solo perché, abbastanza casualmente, si ritrova tra le mani una valigia con i documenti contabili del boss di Miami, assai appetiti sia da questo che dalle forze dell’Fbi, ma soprattutto per un inedito senso di lealtà che gli impedisce di abbandonare il vecchio capo anche quando capisce che egli non è più in grado di reggere il gioco. Proprio come il Charley Varrick interpretato da un superbo Walter Matthau, Charlie Swift non perde la testa ed organizza in maniera geniale non solo la vendetta contro chi ha tradito la «famiglia», ma anche una magistrale uscita di scena che gli permetta non solo di levarsi dai guai, ma di guadagnarci pure.
In questo modo, sia per il romanzo di Gischler, sia per il film di Siegel è mantenuto il mood del noir assieme al lieto fine. E questo accade grazie alla proposizione di un protagonista "cattivo" ma «simpatico», abile ed a suo modo sostenitore di principi che non appartengono agli altri malviventi ma neppure alle forze dell’ordine che pure dovrebbero rappresentarli. Grazie alla sotterranea (ma non troppo) vena d’humour con cui l’autore ed il regista riescono a stemperare anche i momenti più drammatici.
Che, per altro, non mancano nel romanzo, ed anzi riesce quasi incredibile che La gabbia delle scimmie sia "solo" il romanzo d’esordio di Victor Gischler visto come l’oliatissima narrazione viaggia sicura ed avvincente sempre con l’occhio ai meccanismi hollywoodiani. È dunque da vedersi in maniera estremamente positiva il fatto che una casa editrice come Meridiano zero, attenta alle novità del panorama noir e dintorni, abbia deciso di acquisire i diritti di traduzione per questo autore, che potremo anche incontrare a dicembre durante la prossima edizione del Courmayeur Noir In Festival.
Francesco Mazzetta


Mucchio Selvaggio

Giugno 2008

Orlando, Florida. Semplicemente mozzafiato le prime pagine: Charlie Swift è un sicario al soldo dell’anziano capoclan Stan. Nel corso di un ’lavoro’ apparentemente senza rischi, elimina un complice pur di fornire un cadavere al temutissimo committente dell’omicidio. In questo modo si espone alle ire di due boss: il proprio, perché gli ha eliminato un uomo; il committente, perché gli ha consegnato il corpo di un altro.
Di entrambi, comunque, perché li sta ingannando. È il prologo di una serie di rovesci, in qualche modo addolciti dalla conoscenza di una donna, l’ex-moglie di un balordo che Charlie stesso ha tolto di mezzo. I goodfellas di Gischler vivono da padroni del mondo nel loro piccolo regno, da O’Malley. Il retro del locale, dove dettano legge, è detto "la gabbia delle scimmie ".
Stan-il-grande-capo ordina, loro eseguono. È facile vivere così. Charlie sta in mezzo, è una specie di sotto-capo. Scommesse, ricettazione, prostituzione, e se qualcuno sgarra, kaputt. L’omicidio è all’ordine del giorno. Ma è in arrivo un uragano che sta per spazzare via quel mondo e Charlie colleziona un inaudito numero di omicidi per tentare di fermare la valanga di fango che gli sta cadendo addosso. I riferimenti che vengono in mente sono svariati: Jim Thompson, Joe R. Lansdale, Elmore Leonard, David Goodis. Gli elementi salienti nella scrittura di Gischler, valsi all’autore la nomination all’Edgard Award, sono la sfrontatezza diretta e senza fronzoli nel rivolgersi al lettore, la violenza naturalistica e necessaria, la capacità di tenere a bada l’elemento del suspense, senza rinunciare a una dose di humour cinico e nero. Se l’esordio di Gischler mantenesse per tutte le sue 250 pagine la stessa cifra delle prime trenta, sarebbe semplicemente mostruoso.
Ma nonostante ciò fatalmente non sia possibile, il romanzo è riuscito e merita tanto di cappello, per la tensione che non cala mai, per l’esemplare cattiveria e la geometrica precisione.
Gianluca Veltri


Mucchio Selvaggio
Febbraio 2009

Courmayeur, Noir Festival, tardo pomeriggio invernale. Il festival si sta chiudendo, l’atmosfera è un po’ decadente.
Sala di cortesia di un grosso albergo del centro, probabilmente il più lussuoso del paese, di certo il più imponente.
La neve imbianca il paesaggio fuori dalle finestre, una suadente melodia jazz riscalda lo spazio interno, enorme e mezzo vuoto. In un contesto del genere, per di più abbinato a un festival sul "noir", ti aspetteresti di incontrare da un momento all’altro una femme fatale, pronta a sedurti e ucciderti con lo sguardo. O al massimo un Jack Torrance, pronto a piantarti un’accetta tra le scapole.
Invece, seduto in uno dei divani della sala, c’è Victor Gischler. Viso paffutello, sorriso un po’ alla Prodi, cordialità americana, niente accette e tantomeno magnetismi da femme fatale, Gischler è a Courmayeur per presentare La gabbia delle scimmie, il romanzo d’esordio di una carriera letteraria che oggi conta già diversi altri titoli, il primo pubblicato in Italia da Meridiano Zero. Se il valore di un libro è direttamente proporzionale alla rapidità con cui lo leggi, La gabbia delle scimmie è da podio olimpico: lo apri, ti immergi nella storia di Charlie Swift, sgherro della criminalità di Orlando che si ritrova incastrato in uno scontro tra gang e agenti FBI deviati, e arrivi alla fine senza quasi neanche accorgertene.
Se poi il valore di un libro dipendesse anche dal numero di omicidi al suo interno, beh, allora La gabbia delle scimmie sarebbe da medaglia d’oro. Già solo l’incipit è emblematico: "Imboccai la Florida Turnpike con il cadavere decapitato di Rollo Kramer nel bagagliaio della Chrysler, continuando a ripetermi mentalmente che avrei dovuto stenderci sotto un telo di plastica".
Sangue e black humour a go-go, insomma. Uno stile che non poteva non piacere a Joe Lansdale.
Ed è proprio da una citazione di Lansdale che decolla la nostra chiacchierata montana. Secondo Lansdale tu "prendi a calci in culo il concetto di andare al massimo e lo metti a danzare sull’orlo dell’abisso".
Qualunque cosa significhi, sembra un complimento. E di certo è un complimento un’altra sua considerazione: "Leggerlo è un divertimento selvaggio". Cosa pensi di un simile giudizio? Cosa penso? Wow! Io sono contento che i lettori si appassionino ai miei libri, ma quando sono i tuoi stessi colleghi ad esprimere commenti così gentili non c’è paragone. Gente che sa quanto sia difficile sedersi e creare qualcosa. Poi se il collega in questione è addirittura un mito come Lansdale…
Lo conosci di persona? No, forse ci siamo incontrati e stretti la mano una volta. E abbiamo fatto un po’ di corrispondenza. Ma niente di più. In effetti, lui è sempre stato molto gentile quando ha parlato di me.
Tu sei stato paragonato a molti altri mostri sacri della letteratura noir, da Mickey Spillane a Raymond Chandler, da James Crumley ad Elmore Leonard. Ti riconosci in questi paragoni? Sono corretti?
Voglio che siano corretti! Sono tutti maestri. James Crumley è mancato da poco ed è stata una perdita gigantesca per la crime story. In quanto all’influenza, di certo tutti i nomi che hai citato ne hanno esercitata nel mio modo di scrivere. Però ci sono anche altri autori – che non appartengono a questo genere letterario – che mi hanno insegnato molto. Da Kurt Vonnegut ho imparato a giocare con la satira, per esempio. Mentre Carl Hiaasen mi ha mostrato come si possa essere divertenti e bizzarri allo stesso tempo. Le tue letture sono dunque molto varie? Prediligo il noir, ma cerco di spaziare il più possibile. Anche dal punto di vista della scrittura sto provando a esplorare altri generi. Nel mio ultimo romanzo, Go-Go Girls Of The Apocalypse (ancora inedito in Italia, NdR), ci sono addirittura degli zombi. Ma non è un semplice horror, non fa paura. Immagina un Cormac McCarthy sotto anfetamine. Con atmosfere simili a quelle di Bubba Ho-Tep: sia il libro di Lansdale che il film.
A proposito di film, La gabbia delle scimmie mi sembra praticamente già scritto per finire sul grande schermo. Dobbiamo aspettarcelo, prima o poi?
In effetti c’è già una sceneggiatura pronta, scritta da Lee Goldberg. In Italia forse non lo conoscete, ma in America è molto popolare come autore di serie tv (IMDB segnala, tra le altre, Baywatch, Diagnosis Murder, Martial Law, A Nero Wolfe Mystery, NdR). C’è già anche il regista, un giapponese dallo stile molto personale chiamato Ryuhei Kitamura (elogiato su queste pagine, un mesetto fa, per un’altra operetta piuttosto sanguinolenta, l’adattamento del racconto di Clive Barker Macelleria mobile di mezzanotte, NdR). Adesso mancano solo i finanziamenti per iniziare le riprese.
Chi ti piacerebbe come attore protagonista?
L’attore perfetto esiste, ma è troppo vecchio. Quando ho scritto il libro, ho immaginato il personaggio di Charlie Swift sulla falsariga di Tom Reagan, il gangster interpretato da Gabriel Byrne ne Il crocevia della morte dei fratelli Coen. Solo che quello era un film del 1990. Bisognerà trovare qualcun altro.
Hai contribuito alla sceneggiatura o hai lasciato fare a Goldberg? Mi sono fatto da parte. La prima volta che ho incontrato Goldberg gli ho dato le chiavi e gli ho detto: "Io non saprei cosa tagliare e cosa cambiare, fai tutto tu". Avrei potuto lavorare sull’adattamento di un romanzo di qualsiasi autore, ma non su un mio libro.
Hai scritto già qualcosa per il cinema? Sì, ho appena finito un copione tratto da un mio racconto. So già cosa stai pensando: "Ma come, mi hai appena detto che non sei in grado di lavorare a un adattamento da un tuo libro!" In effetti non riesco con i romanzi, in cui devi per forza sacrificare qualcosa, eliminare dei capitoli o dei personaggi. Con i racconti è diverso, più divertente: lì devi aggiungere per forza qualcosa. Comunque vedremo: si chiama Silent Harvest, è una commedia dark ed è stata opzionata da un produttore di New York.
Nel tuo curriculum figura anche l’insegnamento in corsi di scrittura creativa per studenti universitari. Quanto hanno influenzato il tuo modo di scrivere? Insegnando hai anche imparato qualcosa?
Nei corsi di scrittura creativa tu ti occupi di alcuni aspetti fondamentali della scrittura. Alcune regole base. La cosa divertente è che passavo il tempo a ripetere agli allievi "Devi fare questo, questo e quest’altro". Poi mi fermavo e pensavo: "Aspetta un attimo, io non ho mai fatto queste cose nella mia vita! Anzi, ho sempre cercato di aggirarle queste regole!". Credo che l’importante non sia tanto applicare determinate regole, quanto conoscerle. Solo dopo averle imparate potrai decidere se infrangerle o no. Adesso comunque io e mia moglie ci siamo trasferiti in Louisiana: dopo aver insegnato scrittura creativa all’Università, ora ho dei corsi di sceneggiatura in un college. Dal punto di vista delle strutture narrative, La gabbia delle scimmie è il trionfo della linearità. Si passa da A a B a C sempre seguendo la stessa retta, senza mai scartare, saltare, tornare indietro.
In una recente intervista hai citato tra i tuoi narratori preferiti Quentin Tarantino, che invece è esattamente agli antipodi rispetto a un racconto lineare. Vuol dire che piacerebbe anche a te provare a giocare un po’ con piani e tempi narrativi?
In realtà, no. Anche perché c’è una grande differenza tra me e Tarantino. Lui può fare certi giochetti, andare avanti e indietro nel tempo, saltare da un piano narrativo all’altro, e riesce comunque a realizzare dei grandi film. Io farei solo un enorme casino. Credo che il mio talento risieda in altri aspetti della scrittura, preferisco non perdere mai di vista il filo del racconto.
Per chiudere, un po’ di musica. Una delle (tante) scene ad alta tensione di La gabbia delle scimmie ha come colonna sonora I Walk The Line di Johnny Cash. Altri artisti da citare dal tuo archivio segreto? Se qualcuno sbirciasse mai tra i miei dischi mi darebbe del pazzo. Mi piace un po’ di tutto: da Warren Zevon al "rat pack" di Dean Martin e Frank Sinatra, dal country al rock classico dei vecchi Aerosmith. Dipende sempre dall’umore. Poi quando voglio sentirmi dire che sono "cool" cito Johnny Cash. Fin lì va tutto bene. Il problema è quando mi lascio scappare che ogni tanto ascolto gli Abba.
a cura di Luca Castelli


Rolling Stone Magazine
Giugno 2008

Charlie fa bang bang

Si chiama La gabbia delle scimmie ed è un noir ultraviolento ambientato in Florida.
Mettete un killer ultraferoce, ma sempre leale, al centro di una battaglia tra vecchia e nuova malavita e il gioco è fatto.
Quattro chiacchiere con l’autore, Victor Gischler. Nell’intervista-monumento con FranŤois Truffaut, Alfred Hitchcock parlava di MacGuffin, quell’elemento che fa da punto di partenza per la storia e ne rappresenta il fattore scatenante. Lo considerava indispensabile per la riuscita di un plot narrativo. In La gabbia delle scimmie di Victor Gischler, tradotto da Carlo Prosperi e Marina Rotondo per Meridiano zero, il MacGuffin della situazione è una valigetta (ogni riferimento a Pulp Fiction è lecito) di documenti compromettenti, registri contabili che mostrano nero su bianco il riciclo di denaro sporco in una importante e feroce organizzazione criminale.
Gischler scrive duecento e passa pagine fitte di azione, corruzione, ammazzamenti più che a sangue freddo, tradimenti e fedeltà, ambientate a Orlando, Florida. Ripropone il classico passaggio, molto traumatico, tra vecchia e nuova malavita. Al centro della vicenda, Charlie Swift, killer di professione, uomo tutto d’un pezzo, con umani cedimenti, legato al suo capo, l’amatissimo Stan. La sua è la classica fuga, uno contro tutti. Finale top secret.
Due chiacchiere con Mr. Gischler ci stanno bene.
Nel libro, scritto nel 2001, Orlando appare come un crocevia di merce rubata, taccheggio, riciclo denaro sporco. È ancora così?
Credo che Orlando abbia la sua quota di crimine come ogni altra città, ma in realtà non so niente sulla natura di quel crimine. Il mio racconto del mondo criminale è pura fantasia. Rispetto molto quegli autori che fanno ricerca sul campo, ma io scrivo lasciandomi andare all’ispirazione. Il mio unico scopo è creare una storia buona, anche se vuol dire tirar fuori una storia dal nulla che è quello che faccio abitualmente. Charlie Swift è purissima sostanza di killer e non c’è alcuna idea di redenzione nella sua storia? Non sei interessato alla questione morale? Charlie ha il suo codice di comportamento e non gli importa se è in sintonia con quello di altri o no. Pensa di poter risolvere molti problemi schiacciando un grilletto, la qual cosa gli rende quasi impossibile avere problemi morali. Ha semplicemente un punto di vista diverso su cosa è morale rispetto al sentire comune. La lealtà è probabilmente la sua più grande virtù.
Il tuo libro è un noir, ma è anche, a modo suo, una tragedia…
Penso che abbia elementi tipici del noir, ma ha anche un lieto fine che non è così classico in quel tipo di letteratura. Il Noir, come genere, è abbastanza inclassificabile. Se vuoi vedere una bella rissa tra scrittori di mistery durante una convention, chiedi a qualcuno di loro di definire il genere noir. Charlie ha 40 anni. Mi sono distratto o non c’è in tutto il libro una sua descrizione fisica? Volevo che fosse giovane abbastanza per essere in grado di affrontare tutte le cose fisicamente impegnative che gli capitano nel libro, ma anche adulto abbastanza per sapere già come vanno le cose del mondo. In effetti, non lo descrivo mai fisicamente. Volevo che i lettori gli dessero la fisionomia che preferivano. Per quanto mi riguarda, mentre scrivevo il libro avevo in mente il Gabriel Byrne in Crocevia della morte dei fratelli Coen.
I tuoi riferimenti letterari? John D. MacDonald è stata una prima influenza. Poi James Crumley ha scritto libri molto divertenti. Ma la gran parte del mio lavoro ha un forte senso satirico, e in questo senso Kurt Vonnegut è stata una grande influenza. Ma non ci sono solo i libri. Di grande ispirazione sono stati anche i film di Sam Peckinpah, Quentin Tarantino e Sergio Leone. Charlie è protagonista di altri tuoi romanzi? Prima o poi potrei anche dare un sequel a La gabbia delle scimmie, ma non mi vedo a scrivere una serie. Non so quanto riuscirei a mantenere interessante un personaggio per diverso tempo. La gabbia delle scimmie sarebbe un ottimo film.
Niente in programma?
C’è un’ottima sceneggiatura già scritta e si sta pensando all’interprete. Spero vada in porto.
a cura di Franco Capacchione


thrillermagazine.it
30 Aprile 2008

La copertina: in primo piano un volto da duro con barba, sigaretta tra le labbra, mascella quadrata, cerotto e pistola tenuta con la mano destra (non so perché ma mi è venuto in mente Stefano Di Marino), mi ha riportato di colpo agli anni cinquanta quando, da ragazzetto più o meno imberbe, seguivo le avventure di Mike Hammer, Michael Shayne e di tanti altri protagonisti della hard boiled americana coi loro uffici scalcagnati, le sedie pericolanti, l’immancabile sigaretta tra le labbra e il solito whisky, cognac, bourbon o roba simile a portata di mano. Ma anche ai primi noir in cui ci si trova tutta la spazzatura del genere umano tra cazzotti, pistolettate, tradimenti, sesso e droga e la lista sarebbe ancora lunga. Ho avuto un attimo di indecisione. Poi istintivamente ho tirato giù La gabbia delle scimmie di Victor Gischler, Meridiano zero 2008, dallo scaffale della solita libreria di Siena, l’ho aperto e ho letto l’incipit "Imboccai la Florida Tumpike con il cadavere decapitato di Rollo Kramer nel bagagliaio della Chrysler…". Altro momento di incertezza. Io sono per il giallo "tranquillo". Troppi scossoni mi mettono in ambascia. E qui siamo già in macchina. Poi ho avuto uno scatto deciso. Un po’ di movimento mi avrebbe fatto bene. Mi sono sbagliato. Ma solo su "un po’ ". Questo libro è pura energia, puro movimento. Di trama e di stile.
Si parte con un cadavere nel bagagliaio nella macchina di Charlie Swift, gangster di Orlando (Florida), insieme al collega (svitato) Blade Sanchez e si continua il viaggio per tutto il libro. Viaggio inteso nel senso vero e proprio della parola (c’è di mezzo pure il National Geographic) e viaggio inteso nel senso che non si sta, comunque, mai fermi. Non c’è un attimo di respiro, di riposo (a meno che non si sia in ospedale). Tutto veloce, tutto frenetico. La gabbia delle scimmie è il luogo di ritrovo di una banda (ma anche il nome di un blog per discussioni scientifiche e riecheggia in parte il titolo di un libro di Kurt Vonnegut, famoso autore di Mattatoio n.5 ) capeggiata da un certo Stan. Ma c’è chi ce l’ha con lui perché poco attivo, poco dinamico. E allora giù botte da orbi, scontri, sparatorie, morti a go-go, droga, tradimenti, l’FBI, mele marce nella polizia, libri contabili che fanno girare il tutto. Manca il sesso ed è pura meraviglia. E poi c’è lui, Charlie detto il "Sarto" (perché ha ucciso un uomo con un paio di forbici) che fa parte della combriccola, fratello più piccolo da proteggere e la mamma che è sempre la mamma. Freddo, duro, impassibile. Fisico di ferro. Con le sue regole "Quando hai un capo rimani con lui", "Sono sempre stato buono con chi è stato buono con me", che si innamora (di Marcie) e ha il suo attimo di umana debolezza "Mi raggomitolai dentro la giacca e le lacrime cominciarono a scendere rapide e calde lungo il viso". Un attimo, dicevo, perché poi è tutto un tup tup tup. E se manca la pistola c’è il coltello a farne le veci. Uomini e un paio di donne, oltre la mamma e Marcie, a completare il quadro. La buona, Amber, e la cattiva Tina che in fondo al libro hanno la loro parte. Stile ironico (gangster che giocano a monopoli), humour nero, qualche metafora degna di Ross MacDonald insieme a battute scontate. Ma, soprattutto, un continuo, incessante, frenetico movimento. Mi è venuto il fiatone.
Fabio Lotti

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Data di inserimento in catalogo: 25.03.2013.

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