Trotula su La Repubblica di Firenze

Trotula su La Repubblica di Firenze

I sogni di Trotula e il prezzo della libertà.
Recensione apparsa su La Repubblica il 7 Luglio 2013


di Fulvio Paloscia

Non è la prima volta che Paola Presciuttini si confronta con la memoria. Già in Comparse, edito da Marco Tropea nel 1999, aveva raccontato il secolo che stava per concludersi, quasi volesse sigillare un debito necessario con il Novecento. Solo che si trattava d’intrecciare esistenze private nella trama di una saga familiare, anzi, matriarcale, racconto di un’umiltà femminile capace di farsi grembo e universo. Il nuovo romanzo Trotula (Meridiano Zero), può essere definito senza timori “storico”.
Frutto del lungo corteggiamento, da parte della scrittrice fiorentina, di una donna gigante, di una figura capace di cambiare la storia della medicina, di dettarne nuove regole, leggi, idee che saranno tracce per il futuro. Trotula non è popolato di sagome vuote ma di personaggi veri, a tutto tondo, nei quali di volta in volta la nutrice si cala con una straordinaria capacità mimetica. Al crocevia di questa narrazione corale si staglia potente Trotula De Ruggiero, vissuta in quel Medioevo oggi abusato dalla narrativa italiana e straniera come coacervo di oscurità bestiali e di superstizioni malsane, ma che Paola Presciuttini ribalta, mostrandocelo in un’identità chiave di civiltà.
Figlia di Donna Ginestra, “intellettuale illuminata” si direbbe oggi, la geniale Trotula è infatti luce pura che sta conoscendo un momento aureo: Salerno, con la sua Scuola Medica, primo esempio di università dove si sperimentano pratiche innovative. Segnata dalla morte per parto della madre, la protagonista decide di indagarne le ragioni dedicandosi con rabbia, dolore ed orgoglio, alla cura delle sofferenze femminili: sono intuizioni pioneristiche per la storia dell’ostetricia e della ginecologia, ma invise all’ambiente ecclesiastico. Però arriverà in alto, Trotula. Conquisterà l’indipendenza che le costerà cara negli affetti: osteggia dal marito che ingaggia con lei una competizione invidiosa, o costretta a lasciare la famiglia, compensa dunque il lutto mettendo a disposizione di tutti le conoscenze acquisite nell’arte medica.
Per rendere omaggio all’ossessione Trotula, sfociata prima in un monologo teatrale, poi nel romanzo, Paola Presciuttini ha puntato sulla credibilità d’ambiente, d’azione di pensiero, sulla plausibilità. Senza pedanterie, ma filtrando tutto attraverso quella passionalità sottopelle che è il suo potente marchio di fabbrica. Forte è, come sempre, la presenza del corpo. Non solo come sostanza fisica ma anche soprattutto, come soglia, come limine tra l’essere e la realtà, come confine spesso invalicabile che la volitiva Trotula sposta, allarga, abbatte, nel segno di una sete febbrile d’uguaglianza e rispetto.
E quando i due punti di vista si intersecano, i risultati sono altissimi: come nella memorabile scena in cui la nutrice Iuzzella racconta con spasmi di desiderio e di sconvolgimento, la furiosa notte di sesso tra Trotula e il marito, partitura sensual-pruriginosa di suoni e rumori. Migliaia furono le persone che parteciparono al corteo funebre di Trotula.
Con il nitore, l’essenzialità del suo stile squarciato all’improvviso da momenti di assorta sospensione della realtà, Paola Presciuttini rende partecipi anche noi lettori di quell’addio, confusi tra la folla devota.


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Pubblicato: 08.07.2013
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